Saranno stati scogli di carbone dolce Dentro il ferro liquefatto Di una luna che squagliò un suo quarto Come un brivido mulatto O un bianco volar via di cuori pescatori Acqua secca di un bel cielo astratto Chissà se c'erano satelliti o comete In un'alba senza rughe Larghe nuvole di muffa e olio Appaiate come acciughe O una vertigine di spiccioli di pesci Nella luce nera di lattughe E io Dal mare venni e amare mi stremò Perché infiammare il mare non si può Aveva forse nervi e fruste di uragani Scure anime profonde Tra le vertebre di vetro e schiuma Urla di leoni le onde O tende di merletto chiuse su farine Corpi caldi di sirene bionde Forse era morto senza vento nei polmoni Graffio di cemento bruno Barche stelle insonni a ramazzare Nelle stanze di Nettuno O turbini di sabbia tra le dune calve Sulle orme perse da qualcuno E io Dal mare ho il sangue e amaro rimarrò Perché calmare il mare non si può I miei si amarono laggiù In un agosto e un altro sole si annegò Lingue di fuoco e uve fragole Quando il giorno cammina ancora Sulle tegole del cielo E sembra non sedersi mai. E innanzi al mare ad ansimare sto Perché domare il mare non si può E come pietra annerirò A consumare A catramare A tracimare A fiumare A schiumare A chiamare Quel mare che fu madre e che non so